Quando le donne scoprono di essere in gravidanza, nascono tutta una serie di dubbi relativi a che cosa mangiare e che cosa evitare ad ogni costo. Fra questi dubbi, uno di grande rilievo è quello relativo al consumo di pesce in generale ma in particolar modo del salmone ed ecco quindi che oggi, in questo nostro articolo, ci occupiamo proprio di questo.
Prima di scendere nel dettaglio, parliamo di quali sono in linea generale i benefici del salmone e parliamo di ottime fonti di proteine di alta qualità, di acidi grassi omega-3, di mirali e vitamine essenziali. In gravidanza, ad esempio, le proteine sono estremamente importanti per il feto e gli acidi grassi sono essenziali per il cervello e per gli occhi del bambino.
Cosa considerare quando si mangia salmone in gravidanza?
In stato interessante il salmone crudo sarebbe da evitare a tutti i costi dato che può contenere batteri pericolosi quali la Listeria o i parassiti vari come ad esempio l’Anasaki che potrebbero danneggiare il feto. Sarebbe infatti il caso di preferire il salmone cotto, cuocendolo ad una temperatura di 70°C, temperatura che farà diventare il pesce opaco simbolo del fatto che si ben cotto.
Ad ogni modo il salmone è considerato un pesce a basso contenuto di mercurio ma è importante non eccedere con il consumo e attenzionando bene la dose consigliata che corrisponde a 2 o 3 porzioni a settimana ovvero a circa 150-300 grammi. Tutto questo ci viene raccomandato fortemente dagli esperti in molte linee guida nutrizionali.
Quindi quale salmone scegliere?
Abbiamo allora potuto vedere che il salmone in gravidanza può certamente essere consumato ma a patto che sia ben cotto e soprattutto che non si ecceda con la quantità consumata. In tal senso bisogna scegliere i prodotti più sicuri, sia nel caso in cui siano surgelati e sia nel caso in cui siano completamente freschi e appena pescati ma c’è di più:
- salmone selvaggio;
- salmone d’allevamento;
- salmone affumicato.
Quando si parla di salmone selvaggio o di allevamento c’è da fare una differenza in quanto il primo è da preferire senza alcun dubbio considerando il fatto che contiene molti meno contaminanti quali ad esempio le diossine. Queste due tipologie però, hanno molteplici differenze significative in termini di sostenibilità, qualità e nutrizione.
Il salmone selvaggio, ad esempio, vive in libertà e si nutre di una dieta naturale composta di piccoli pesci e crostacei mentre quello d’allevamento è cresciuto in ambienti controllati ed è alimentato con mangimi che sono composti da farine di oli vegetali e integratori. Inoltre il primo è molto più basso in termini di calorie, grassi e acidi omega-3 ma contiene molte più proteine.